Marco
Pesatori Il trigono del sole Feltrinelli 2016 pp.303
Letto fino
a pag.170
Milano, Anni Settanta, fase centrale, movimenti e università.
Urka, c’ero. C’ero talmente che sono entrata nel libro come un coltello nel
burro. Ho cominciato e continuato a leggere per narcisismo, ritrovandomi in luoghi, persone,
imprese, reati, testi universitari, prof e guru, locali e quartieri, librerie e
bancarelle, fissazioni e tormenti, saltando naturalmente i corsivi zodiacali.
L’unico oroscopo che riconosco è quello della Gazza. Gli oroscopi di Pesatori
su Rep/Donna con me non ci hanno mai preso, soprattutto nelle prescrizioni
musicali. E se uno sbaglia la musica con me ha chiuso. La
memoria di Pesatori è ferrea, o forse ha tenuto diari esaurienti e quotidiani.
Mi ha raccontato, pur tra gli eccessi descrittivi, i miei giorni e le mie notti
con esattezza anastatica, condita di tanto in tanto da lampi di humour, come
quando il protagonista sventa un tentativo di indottrinamento da parte di uno
del Movimento Studentesco che “voleva che passassi da Frank Zappa ai nuovi pallosissimi Stormy Six”, o di rimpianto per gli ultimi sprazzi di
grandezza extraprovinciale della mia città, quando rievoca un passaggio di John Cage al
Formentini.
Ho abbandonato il libro quando ha smesso di essere il mio
specchio, così come ai tempi si lasciava un movimento per entrare in un altro.
Nella fattispecie quando ci spiega, con
ricchezza di particolari, un weekend sex&drugs
alle Cinque Terre del quale non condividevo, e non condivido, la linea.