Silvia
Ballestra Amiche mie
Mondadori,
2014, pp. 272
Letto
fino a pag. 44
Le
prime quarantaquattro pagine sono un verbale, un po’ più esteso del normale,
dell’attività di un Consiglio Genitori di una scuola elementare del centro di
Milano, con particolare riferimento alla Commissione Mensa. Non c’è un
personaggio, non c’è uno sviluppo, dilaga la petulanza meticolosa. Mi sono fermata al punto in cui si descrive,
con profusione di particolari, la sala
civica di Zona Sei in cui si terrà l’incontro tra genitori, insegnanti e
amministratori locali.
N.B.:
sulla copertina c’è scritto romanzo,
cronaca quotidiana un po’ sciatta avrebbe reso meglio l’idea.
Jo Baker Longbourn
House
Einaudi,
2014, pp. 378
Letto
fino a pag. 88
Il
romanzo segue due filoni al momento remunerativi: l’indotto di Jane Austin e il
mondo dei nobili inglesi visto dalla
parte della servitù. In copertina, una sguattera con grembiule da
lavoro, indumento così di moda che una catena giapponese si è messa a produrlo e a venderlo con qualche riscontro. Baker riscrive
Orgoglio e pregiudizio dalla parte
delle cucine, così non ha neppure il problema di inventarsi una trama che stia
in piedi. Per motivare il fatto che ho mollato a pag. 88 mi tocca ricorrere
alle ciambelle non sempre riuscite, metafora frusta ma efficace soprattutto se
si decide di guardare il mondo dalla parte delle cuoche, benché solo in terza/quarta
battuta dopo un grande film come Gosford Park e il suo clone tv, Downton Abbey. Per non parlare di Quel che resta del giorno (Ishiguro,
1989)
buon romanzo da cui imparammo tutto sul mestiere di maggiordomo e, in
ordine gerarchico, di governante, nonché
sul metodo più efficace per lucidare i
rebbi delle forchette d’argento.
Giulia
Villoresi Chi è felice non si muove
Feltrinelli,
2014, pp. 328
Categoria:
presunto diario con biografie
Giulia
Villoresi scrive con la saggezza di un grande vecchio anche se ha appena trent’anni.
Ha il dono di catturare il lettore attraverso una scrittura ricca ed esatta. Qui
immagina una situazione che molti forse hanno vagheggiato, ma pochi hanno vissuto
veramente: rifugiarsi in un’isola del Mediterraneo lontana da tutti e poco
abitata per lavorare ad un’opera immane, quella che deve dare senso a una vita. Il racconto delle
difficoltà, della lontananza dagli affetti, degli incontri sull’isola, della
mancanza di strumenti di lavoro che diventa il filo di connessione con la casa
che si è deciso di abbandonare scorre con grazia per buona parte del libro. La
storia, in sé inconsistente, è intervallata da piccole biografie di grandi personaggi
scelti secondo il criterio della poesia che hanno portato nel mondo, perfette
al punto che si vorrebbe leggere una intera raccolta di brevi vite raccontate
da Giulia Villoresi. Purtroppo la storia, e con essa l’evoluzione dei personaggi, si perde in un
finale confuso, in cui compaiono ufo,
droghe e la dose di noia che questi soggetti portano con sé. Ma siamo comunque
molto avanti, e in fondo i finali non sono mai semplici.