sabato 14 gennaio 2017

Il respiro della laguna




Alberto Ongaro  Il respiro della laguna   PIEMME  2016  pp.203



Da diversi anni Venezia fa figure indegne del suo rango nei romanzi di pronta lettura. Raramente sopravvive con tutti gli onori, come  in Stabat Mater  di Tiziano Scarpa, o in Venezia è un pesce, unica guida seria della città. Io però, per amore di Venezia,  ci provo tutte le volte, abbandonando regolarmente entro le prime venti pagine, soprattutto quando è chiaro il tentativo di mascherare la povertà di idee e di scrittura dietro il fascino della laguna e annessi.
Non è certo il caso di questo romanzo di Alberto Ongaro, un noir ambientato negli anni Settanta in cui è la città stessa, attraverso Il respiro della laguna, ad anticipare i fatti. La storia è piuttosto complessa, si muove tra la Venezia dei ricchi di tradizione e quella fatiscente della Baia del Re, un rione di  malavita autoctona insaccato nella coda di Cannaregio. Sono proprio le storie legate a questo stralcio di città a tenere viva la lettura, oltre che la curiosità per una vicenda gialla ricostruita secondo lo stile degli anni Settanta, ovvero senza autopsie, DNA, GPS, RIS, Scientifica e altre risorse che tengono in piedi i brutti gialli contemporanei. Ongaro segue il filo delle persone e dei rimandi con schietta logica, senza mai abbandonare la narrazione dello spirito della città.
Personalmente ho da tempo la certezza che la laguna sia viva e respiri. Non solo, entra dalle finestre come un blob nero e denso quando si ascoltano certe musiche di Claudio Monteverdi, Antonio Vivaldi e Luigi Nono, massimi maestri del risveglio del Golem che vive nei canali e nei loro fondali. Averne trovato conferma nel romanzo di un veneziano vero mi conforta.