domenica 30 agosto 2015

Abbandonarsi a vivere



Sylvain Tesson  Abbandonarsi a vivere   Sellerio  2015  pp.190



Al netto delle metafore rovinose, al netto del maschilismo anni Cinquanta, al netto dello snobismo molto francese   di citare luoghi remoti come si parlasse del ballatoio di casa, Abbandonarsi a vivere è una  raccolta di storie interessanti, lette dalla prima all’ultima senza interruzione. Alcune preferite, come la navigazione lungo la Lena (L’eremita) o la conquista del picco della Takkakor nell’Hoggar (I chiodi da roccia), altre divertenti, come la storia dei viaggi di nozze di famiglia a partire dai bisnonni. Diverse osservazioni argute avrebbero meritato un approfondimento: come fanno le ragazze di Riga a camminare sul ghiaccio con i tacchi alti? Il ghiaccio livella il selciato sconnesso o lo asseconda? In questo caso come  superano le gobbe scivolose causate dai sampietrini?

Scambi, equivoci eppiù torbidi inganni - Un terremoto a Borgo Propizio



Kindertotenliber di agosto 2015



Gaetano Cappelli   Scambi, equivoci eppiù torbidi inganni   Marsilio, 2015, pp.194

Letto fino a pag.15


Raccolto dal tavolo delle novità a fine luglio, in un giorno di magra. Titolo e copertina non promettevano, ma perché non tentare un esperimento cafonal? Niente da fare. Dopo cinque pagine di aggettivi consunti e ridondanti, corollari di un dialogo oscuro basato su una brutta traslitterazione  dal romanesco, per di più strascinato, ho mollato senza paura di perdermi chissà che storia.








Loredana Limone   Un terremoto a Borgo Propizio    Salani, 2015, pp. 383

Letto fino a pag. 23

Mi sembrava carino, in un giorno d’estate di ozio totale, leggere una storia di paese. La vicenda inizia con il borgo antico che parla in prima persona in paesese pseudo-medievale, comprese le ardite metafore: la nuvole sul colle come metastasi. La metafora, già brutta, viene ribadita per sicurezza dopo un paio di pagine da una signora che parla di sé al presente.  Si esprime in una lingua mista grottesco/burocratica che non si regge, usata per introdurre una manciata di personaggi indefiniti e a interesse zero, come quello suscitato da qualcuno che parli dei suoi parenti ad uno sconosciuto. Apprendo che è la terza puntata di una saga. Alè.




giovedì 27 agosto 2015

Allmen e le dalie



Martin Suter  Allmen e le dalie  Sellerio, 2015, pp.215



Allmen è un dandy, un po’ sopra le righe, che vive in Svizzera oltre le sue possibilità. Ha un cuoco sudamericano sottopagato che lo consiglia e lo aiuta nelle indagini. Vive in una villa su un lago, mi pare quello di Ginevra, con il suo parco, la serra, la veranda, il giardino d’inverno, i mobili antichi, il profumo di cera d’api, i quadri, gli oggetti di gran gusto, il tè delle sette del mattino. Di mestiere si occupa del recupero di opere d’arte rubate. E’ una specie di Barbie uomo che ha sempre il completo giusto, descritto nei minimi particolari, per ogni occasione del giorno. Un tipo Poirot, ma non così pedante e senz’altro più carino. Si muove tra  nobiltà e  ricchi di antica data, sa sempre cosa bere, cosa mangiare, cosa fumare, dove comprare la tal cosa e la talaltra. Il cuoco è il fenomeno tuttofare che tutte le donne stanche vorrebbero in casa nelle difficoltà. Ha già avuto tre o quattro avventure, e io non me ne sono persa una. Le storie di Allmen, che naturalmente non stanno né in cielo né in terra,  rasserenano e fanno sognare, come se da bambine ci avessero regalato una casa di bambole di venti stanze complete di mobili e accessori.