venerdì 26 dicembre 2014

La ferocia - I morti non hanno fretta




Nicola Lagioia  La ferocia Einaudi, 2014, 
pp 411


Letto fino a pag. 88




Stavolta non è colpa mia, lo stavo leggendo ben oltre la scadenza dei termini del prestito, la biblioteca me l’ha richiesto e ho dovuto restituirlo. Ma non so se lo riprenderò per finirlo. Nicola Lagioia scrive molto bene, lo metto nell’elenco striminzito dei veri scrittori, per di più è molto giovane. La storia appare interessante, con personaggi  credibili e ben delineati. Anche l’ambientazione è riuscita, palazzinari di recente ricchezza a Bari, ricostruita con acume e profondità di osservazione. C’è però, a mio parere, un eccesso di ornamenti e abbellimenti narrativi:  un aggettivo di troppo, anche se mai frusto, una descrizione in più e non del tutto necessaria, un ennesimo particolare.  All’ottantesima pagina si insinua un senso di sazietà che fa rallentare la lettura. Fino a scadenza del prestito, ma con forti possibilità di recupero.






Filippo Bologna   I morti non hanno fretta  Strade Blu Modadori, 2014, pp 212


Letto fino a pag. 154



Sono ricaduta nella provincia minima dopo quasi sei mesi. Stavolta siamo a Viareggio. Il commissario di turno vive con la mamma ottantaquattrenne e gira in bici, prima con la Bianchi di suo papà, che però è morto, poi con una bici da donna. E’ autunno. Il commissario va al porto, guarda i pescatori, guarda i telequiz con la mamma, non ha donne: un coacervo di frustrazioni che viene calato in una storia di bondage e della sua versione giapponese perfezionata, lo shibari. Cosa non si fa per rinfrescare il repertorio della provincia minima. La storia avrebbe potuto funzionare abbastanza restando nei limiti del cambio Campagnolo e della lenza da sei, ma lo sforamento nei nodi l’ha sfasata rendendola risibile.  Peccato perché Filippo Bologna è bravo.




Babele 56 - Recenti decadenze - Io non ci sto




Kindertotenliber di Novembre/Dicembre



Giorgio Fontana  Babele 56 Terre di mezzo  pp 125





 
Dove il 56 è l’autobus che percorre Via Padova a Milano, strada multietnica,  star della letteratura up-to-date. Si aggiorna  una precedente edizione.
Mi sono fatta prendere dal contesto urbano, nell’introduzione, dove si spiega che si parlerà di storie di immigrazione, prendendo il 56 come simbolo.   La prima  è quella di un rosticciere precario in zona Isola. Mi piace, è la mia zona. Parto motivata. Peccato che la vicenda è raccontata così male che persino la vita della mia vicina di casa ottantacinquenne, che non si è mai mossa dalla sua città,  mi sembra più coinvolgente.  E pensare che sbagliare una storia di immigrazione è quasi più difficile che sbagliare una foto con i gattini.





Roberto Piumini   Recenti decadenze    Barney Edizioni, 2014, pp 130


Letto fino a pag. 23


Un uomo a Parigi fa ogni giorno la stessa passeggiata di un'ora e  quindici minuti, si ferma da un bouquiniste per chiedere di un libro di un certo autore, provenendo una volta da ovest e una volta da est. Siamo a pagina 23 e lo lascio nei pressi di Saint-Michel.  Provo con la storia veneziana, secondo luogo di decadenza,  ma mi fermo subito di fronte ai riverberi di peltro del canale, barlumi in controcanto alla fosca e mobile avvenenza del cielo. Qualche riga più in là sto  per cedere oltre i tetti rossastri, per la lastra scagliosa della laguna. Non ho resistito e ho fatto un passo in più fino a quando la pioggia arrivò compatta … come la superficie di un cubo d’acqua che calasse sui rosa e gialli della città ricamata. In parole povere: piove a Venezia, un merletto!





Adele Marini   Io non ci sto   Indies Feltrinelli/Fratelli Frilli Editori  pp 285


Letto fino a pag. 18



La banalità della scrittura mi ha stroncato sul nascere, come si suol dire.


giovedì 18 dicembre 2014

Amiche mie - Longbourn House - Chi è felice non si muove



Silvia Ballestra   Amiche mie

Mondadori, 2014, pp. 272

Letto fino a pag. 44



Le prime quarantaquattro pagine sono un verbale, un po’ più esteso del normale, dell’attività di un Consiglio Genitori di una scuola elementare del centro di Milano, con particolare riferimento alla Commissione Mensa. Non c’è un personaggio, non c’è uno sviluppo, dilaga la petulanza meticolosa. Mi sono fermata al punto in cui si descrive, con profusione di particolari,  la sala civica di Zona Sei in cui si terrà l’incontro tra genitori, insegnanti e amministratori locali.  

N.B.:  sulla copertina c’è scritto romanzo, cronaca quotidiana un po’ sciatta avrebbe reso meglio l’idea.





Jo Baker  Longbourn House

Einaudi, 2014, pp. 378


Letto fino a pag. 88


Il romanzo segue due filoni al momento remunerativi: l’indotto di Jane Austin e il mondo dei nobili inglesi visto  dalla parte della servitù. In copertina, una sguattera con grembiule  da lavoro, indumento così di moda che una catena giapponese si è messa a produrlo  e a venderlo con qualche riscontro. Baker riscrive Orgoglio e pregiudizio dalla parte delle cucine, così non ha neppure il problema di inventarsi una trama che stia in piedi. Per motivare il fatto che ho mollato a pag. 88 mi tocca ricorrere alle ciambelle non sempre riuscite, metafora frusta ma efficace soprattutto se si decide di guardare il mondo dalla parte delle cuoche, benché solo in terza/quarta battuta dopo un grande film come Gosford Park e il suo clone tv, Downton Abbey. Per non parlare di Quel che resta del giorno (Ishiguro, 1989)
buon romanzo da cui imparammo tutto sul mestiere di maggiordomo e, in ordine  gerarchico, di governante, nonché sul metodo più efficace per lucidare i rebbi delle forchette d’argento.



Giulia Villoresi  Chi è felice non si muove

Feltrinelli, 2014, pp. 328


Categoria: presunto  diario con biografie


Giulia Villoresi scrive con la saggezza di un grande vecchio anche se ha appena trent’anni. Ha il dono di catturare il lettore attraverso una scrittura ricca ed esatta. Qui immagina una situazione che molti forse hanno vagheggiato, ma pochi hanno vissuto veramente: rifugiarsi in un’isola del Mediterraneo lontana da tutti e poco abitata per lavorare ad un’opera immane, quella che deve dare  senso a una vita. Il racconto delle difficoltà, della lontananza dagli affetti, degli incontri sull’isola, della mancanza di strumenti di lavoro che diventa il filo di connessione con la casa che si è deciso di abbandonare scorre con grazia per buona parte del libro. La storia, in sé inconsistente, è intervallata da piccole biografie di grandi personaggi scelti secondo il criterio della poesia che hanno portato nel mondo, perfette al punto che si vorrebbe leggere una intera raccolta di brevi vite raccontate da Giulia Villoresi. Purtroppo la storia, e con essa  l’evoluzione dei personaggi, si perde in un finale confuso, in cui compaiono  ufo, droghe e la dose di noia che questi soggetti portano con sé. Ma siamo comunque molto avanti, e in fondo i finali non sono mai semplici.