venerdì 24 aprile 2015

Gita in pianura. Una classe a spasso per la Bassa - Agatha Raisin e la strega di Wyckhadden



Alex Corlazzoli, Gita in pianura Una classe a spasso per la Bassa,

Laterza Contromano, 2014, pp.140



 
Un maestro elementare conduce  i suoi bambini in giro per la campagna cremasca, convinto di essere nella Bassa. Per me, che vengo dalla Bassa della Bassa, Mantova sinistra Po, Crema è Svizzera Ulteriore e forse  neppure  vera campagna, sebbene permeata da numerosi maiali.
L’autore sceglie di seguire le stagioni, soffermandosi sui riti di Santa Lucia, Natale, Befana e tutto il resto, con ricadute sui ritmi dei campi. Cerca la campagna di cinquant’anni fa, e spera di rianimarla per i suoi alunni. A me sembra una fatica insana, tutto cambia, non vedo perché  la campagna dovrebbe rimanere cristallizzata in eterno. E’ comunque gradevole alla lettura, soprattutto per chi rimpiange il tempo che fu.
Il libro arricchisce  la benemerita collana Laterza Contromano, sempre foriera di gradite sorprese soprattutto quando si descrivono luoghi noti e ignoti visti da ottiche inusuali.



M.C. Beaton, Agatha Raisin e la strega di Wyckhadden, Astoria, 2014, pp.227



Agatha Raisin appartiene al filone delle donne inglesi funeste, quelle che ovunque vadano portano con sé un fardello di morti ammazzati. Le campionesse della sfiga sono ovviamente Miss Marple e Jessica Fletcher, delle quali Agatha vorrebbe essere epigona. Abita in un paesino dei Cotswolds e va al mare in un altro paesino infimo di non so dove, d’inverno, in un albergo pieno di pensionati. In tre o quattro giorni riesce a provocare  tre o quattro morti (uno al giorno di media) si fidanza, si sfidanza e in più le ricrescono i capelli che aveva perso a causa di uno shampoo sbagliato. Inoltre risolve i casi. Non so perché l’ho letto fino in fondo, trattandosi di un giallo inglese di serie B2. Forse mi è piaciuto il mare, o forse  la capacità della Beaton di creare atmosfere, queste ultime molto più probabili delle storie cui fanno da sfondo.





martedì 21 aprile 2015

L’amore in un clima freddo - Un inverno color noi



Nancy Mitford, L’amore in un clima freddo, Gli Adelphi, 2014, pp.280


Gli Adelphi cotti e mangiati sono merce rara. Di solito ne consumo un 25/30% poi abbandono. A meno che si tratti di indiscussi capolavori, per altro numerosi nel catalogo Adelphi, ho una forte reticenza ad affrontare le produzione media proposta da questa casa editrice. Questo è un romanzo di nobiltà inglese scritto da una nobildonna inglese anomala e spietata. Sopravvive con grazia anche al profluvio di Downton Abbey e annessi, perfino senza il supporto della servitù, che dei recenti successi legati alle grandi case inglesi è la spina dorsale. Anche qui, naturalmente, si tratta di matrimoni, balli, debutti ed eredità, ma il disincanto della narratrice rende tutto più che  sopportabile, se non addirittura divertente.


AA.VV. Un inverno color noir, Guanda, 2014, pp.336

Tipico libro da borsetta, mi ha accompagnato nelle attese e nei momenti morti per un mesetto. Di fatto mi piacciono i racconti, adatti a riempire un piccolo vuoto senza interferire troppo con altre letture più impegnative o solo più lunghe. Questi  non sono indimenticabili, infatti a distanza di qualche mese non ne ricordo neppure uno. Però, sul momento, mi hanno fatto buona compagnia.


Un delitto molto milanese - La casa di tutte le guerre - Le dodici tribù di Hattie




Kindertotenliber di Gennaio/Febbraio/Marzo


Antonio Steffenoni, Un delitto molto milanese, Rizzoli, 2014, pp.246


Letto fino a pag. 71


Di solito leggo fino in fondo i gialli ambientati a Milano, soprattutto se si svolgono in quartieri che conosco bene. In questo caso siamo a Brera, zona in cui ho studiato e lavorato per diversi anni.
Qui si tratta di  delitto in  agenzia pubblicitaria in declino. Nelle prime pagine si susseguono i personaggi, insipidi e antipatici. Anche l’ambientazione è sfocata, comprese le descrizioni di come si vestono i protagonisti, ambito in cui tutti, anche i più scarsi, di solito se la cavano. Colore locale zero, e banalità a iosa, sia  lessicali che circostanziali. Perché proseguire? In assenza di motivazioni valide, ho smesso a pag. 71.



Simonetta Tassinari, La casa di tutte le guerre, Corbaccio, 2015, pp.243


Letto fino a pag.38


Anche qui mi sono fatta attrarre dall’ambientazione, un paesino nelle colline romagnole, di solito trascurate dagli scrittori.
La storia  è l’apoteosi della nonna di buona famiglia, della grande casa di buona famiglia, dei pranzi di buona famiglia, delle vacanze in villa. Non l’ho sfangato. Le vacanze in villa per me erano sopportabili solo nei  romanzetti della Biblioteca dei miei ragazzi Salani, quando avevo  dai sei agli undici anni, abitavo a Milano in cinquanta metri quadri di ringhiera e le mie vacanze in villa si tenevano  nella Bassa Padana tra vacche, granturco, voli nel fieno e furti di prugne. Sognavo pony e maggiordomi, per poco però, poi ho capito quanto erano noiosi.


Ayana Mathis,  Le dodici tribù di HattieEinaudi, 2015, pp.290


Letto il primo racconto e metà del secondo, più qualche altro incipit qua e là

Il problema di questa raccolta di racconti è che il primo è talmente strepitoso che crea enormi aspettative. Si continua a leggere sperando che il miracolo si ripeta, ma ciò non accade. Così subentra la depressione e il desiderio di continuare si affievolisce, fino al punto da abbandonare il volume. Resta però un magnifico racconto iniziale, patetico e avvincente. Non è poco.