lunedì 8 dicembre 2014

Cartongesso







Francesco Maino  Cartongesso
Einaudi,  2014,  pp. 243


E’ un libro elegante già dalla copertina, una foto a colori della Punta della Salute a Venezia talmente smunta da sembrare in bianco e nero. E’ scritto in una lingua mista:  italiano, saltuario ma eccellente, veneto del Basso Piave e “grezzo”, ovvero una koinè che non è più  dialetto ma un misto di metaveneto e metaitaliano dalla sintassi men che elementare. L’assunto è che il cartongesso, misero espediente di uso tanto rapido quanto mortificante, abbia sostituito i “materiali” e la loro forza intrinseca. Il cartongesso, così falso e provvisorio,  è il simbolo della decadenza estetica e morale di una regione. E’ evidente che l’autore è un eccentrico, discendente da una genìa veneta  mista e interclassista dedita all’estro, al buon gusto, all’originalità, all’accostamento insolito e incongruente ma geniale. Alcuni hanno visto nel suo libro un’invettiva, personalmente  lo intendo  come un compianto o meglio, data la sua disperata dimensione individuale, come un lamento sul trionfo delle bruttezze.