giovedì 12 febbraio 2015

Comunque anche Leopardi diceva le parolacce - La polveriera



Giuseppe Antonelli  Comunque anche Leopardi diceva le parolacce Mondadori  2014 pp. 177


Un libro intelligente sullo stato della lingua italiana. Libera subito il campo da tutte le polemiche sull’uso delle parole straniere, spiegandoci che le lingue sono vive e si muovono ora come nei secoli passati. Piange solo un po’ sul congiuntivo, mentre rogna parecchio, a ragione,  sui tic linguistici storicizzati in un utile diagramma a partire dal 1940. Nella fattispecie si prendono in esame le oscillazioni di: quant’altro, geniale, mitico, esatto, nella misura in cui. Ma altri e numerosi vengono citati, per chi ama trovare conferme ai propri fastidi. Molto carino il compianto sull’estinzione del punto e virgola, che invece, a pensarci bene, può venire utile in più di un’occasione. Un piccolo saggio molto garbato, che si può senz’altro leggere anche nelle scuole, senza annoiare.



Stefano Petrocchi   La polveriera  Mondadori  2014 
pp. 194


Speravo di più, ma neanche tanto perché l’autore lavora al Premio Strega. Contavo di più sui retroscena, sugli intrighi, sulle scenate; qualcosa c’è, ma direi che è una versione soft core della polveriera promessa dal titolo. Al centro della storia il cosiddetto Capo (Anna Maria Rimoaldi, 1924-2007), amica di Maria Bellonci e sua erede alla direzione del premio a partire dal 1986. Il Capo  si guadagnò il soprannome di Zarina, per dire quanto poteva essere aperta al dialogo e alle decisioni condivise. Non è stata fortunatissima nelle scelte, i suoi Strega sono, a mio parere, di serie A2/B1 rispetto a quelli dei primi due decenni, come si può facilmente osservare consultando l’elenco completo di premiati e selezionati presente alla fine del volume. Personalmente ho letto interamente tredici romanzi tra quelli premiati dall’anno della fondazione al 1969, e soltanto due dal 1970 ai giorni nostri (Il nome della rosa e Stabat Mater). Molti li ho iniziati senza riuscire a procedere, alcuni li ho solo consultati, altri li ho volutamente evitati. Ma non faccio testo, ci mancherebbe altro. Forse si scriveva meglio negli anni cinquanta/sessanta, ma è tutto da dimostrare che gli anni successivi siano stati così poveri come si può dedurre dai palmarès degli ultimi quarant’anni.