Franco
Pulcini Delitto alla Scala Ponte alle
Grazie 2016 pp. 417
Non sono attendibile. Questo romanzo
giallo mette insieme, tutti in una volta, molti dei miei totem: Claudio Monteverdi,
la musica antica, il manoscritto dell’Arianna, i retroscena della Scala, teatro
in cui ho bivaccato per tutti gli anni
Ottanta. Certo, ci vuole un po’ di pazienza: per duecento pagine non succede
quasi niente. Da lì in avanti una svolta
legata alla filigranologia e alla comparsa di un ensemble di musica antica
olandese risveglia dal torpore e conduce ad un finale veramente divertente. Un
commissario di polizia arabo-siculo e un commissario governativo napoletano
tengono vivo l’ambiente, più delle manie dei dirigenti scaligeri, descritti
come campioni dell’autoreferenzialità e della spocchia. Tutte le leggende
scaligere sono rispettate, dalla sindacalizzazione esasperata degli orchestrali
agli aneddoti che si tramandano da generazioni di loggionisti. Il libro è ridondante,
ricco all’inverosimile di storie circonfuse di cultura raffinata, ma anche
estratte direttamente dai bassifondi dell’ignoranza, così come deve essere una
vicenda che ruota attorno al melodramma,
alle sue scene e soprattutto alle sue scenate.