venerdì 23 dicembre 2016

La sposa scomparsa



Rosa Teruzzi   La sposa scomparsa   Sonzogno  2016  pp.171




Tre donne indagano sulla scomparsa di un’altra, avvenuta circa trent’anni prima. Sono nonna, madre e figlia, in ordine crescente di aderenza ai canoni dei comportamenti correnti. La nonna è una anziana nullafacente sciamannata hippie pre-sessantottina. La figlia è una compositrice di bouquet da sposa, vedova anestetizzata di un poliziotto e la nipote è una poliziotta malmostosa. Di tre non se ne fa una. Però abitano a Milano in un casello ferroviario con giardino in zona Naviglio Grande, unico spunto interessante della storia che alla fine ho letto quasi per intero, forse perché mi interessavano le composizioni floreali, ben descritte. Soprattutto volevo saperne di più sul casello. Alla fine, un po’ con Google Earth, un po’ con i siti delle ferrovie, l’ho individuato, o almeno credo. E’ il casello di San Cristoforo, vicino al Naviglio Grande, bellissimo benché degradato. Ho scoperto anche che è possibile ottenere in comodato d’uso gratuito circa 1700 ex-stazioni o caselli ferroviari sparsi per  tutta l’Italia. Dove si dimostra che anche un librino svenevole può avere la sua utilità.








domenica 18 dicembre 2016

Sorie di rock italiano



Daniele Biacchessi  Storie di rock italiano  Jaca Book  2016  pp.191




Questo libro mi entusiasma. E’ molte cose assieme: riassunto di decenni di vita dei movimenti in Italia, compendio della produzione musicale italiana dagli anni Sessanta ai giorni nostri, elenco dei disastri avvenuti ai concerti rock e ai festival spontanei (Re Nudo tra tutti), memoria di anni struggenti strapieni di musica che trabocca ancora adesso nelle orecchie di  ragazzi e ragazzini che non ti spieghi perché ma continuano ad ascoltare esattamente quello  che ascoltavamo noi alla loro età.

Daniele Biacchessi svolge un lavoro egregio, compiuto e documentato, sintetico ed esauriente. Leggerlo da soli è impossibile, urge condividerlo con qualcuno che c’era, dando la stura ai ricordi e anche alla memoria involontaria. Saltano fuori  storie dimenticate, come il concerto di John Cage al Lirico nel 1977, e mi domando dov'ero quella voltà lì e perchè non ci sono andata anche se ai tempi ero del tutto imbecille di musica contemporanea.

Per chi, come me, convive da sempre con  dieci ore circa di musica al giorno, è un libro che fa riflettere. Ad esempio quanto poco rimane della musica italiana. E di quanto poco sia avvenuto dopo la grande stagione Sessanta/Settanta a livello internazionale. E sul perché le nuove generazioni non abbiano diritto a strafogarsi di magnificenze quotidiane sempre nuove come succedeva a noi teenagers degli anni sessanta.

Mi verrebbe anche voglia di obiettare alle classifiche di fine libro, obbligatorie in ogni testo serio. Vorrei puntualizzare, spostare, aggiungere, eliminare, proporre, confutare, caldeggiare. Uno sport perduto, quello di spaccare il capello in quattro su questo o quell’altro musicista. Noi ci abbiamo passato le nottate.




mercoledì 14 dicembre 2016

Carne mia



Roberto Alajmo   Carne mia  Sellerio  2016  pp.290


Una storia di ordinari delitti: necessari, tutelati, ragionevoli, benvisti.  Lucidi come il linguaggio essenziale scelto da Roberto Alajmo, intonsi come il filo della narrazione, lineari come il pensiero di assassini, complici e fiancheggiatori. Delitti sotterranei che attendono solo un cunicolo per uscire allo scoperto e iniziare la loro azione demolitrice dell’ordine costituito. Un esempio di lingua e stile aderenti alla vicenda e agli ambienti, mutevoli nel tempo, in cui evolve. Palermo e Murcia sono marginali ma presenti e sebbene le descrizioni dei luoghi siano più che essenziali,  è chiaro che non potremmo trovarci altrove.








martedì 13 dicembre 2016

Un'Odissea minuta



Daniel di Schüler  Un’Odissea minuta  Baldini&Castoldi 2016  pp.637


Inizia come un romanzo. Dopo circa cinquanta righe  non è chiaro se ci troviamo di fronte a uno che crede di essere  David Foster Wallace, o se lo sta prendendo in giro. Superate le venti pagine che costituiscono il racconto vero e proprio, quello da cui germineranno le 608 pagine successive, intervengono le postille, e con esse  George Perec. Ma già le venti pagine parafrasavano in sprazzi di brianteo aulico non continuativo, Giuseppe Parini e il risveglio di un giovin signore contemporaneo ma sfigato. Carlo Emilio Gadda apparirà più avanti, nel camuffamento della vera Brianza in una di fantasia, con innumerevoli nomi di invenzione, mentre James Joyce viene superato sul piano temporale: mezz’ora circa invece di ventiquattr’ore. A  pagina 31 compaiono le note, che costituiscono la parte più consistente dell’Odissea, sviluppandosi per 535 pagine. Seguono i sei indici e le note alle note a cura di Daniele Scolari, cognato del protagonista ing. Alberto Cappagalli.

Un delirio. E’ chiaro che non va letto tutto di seguito. Dopo le prime ottanta pagine è chiaro che si tratta di un romanzo illeggibile secondo i canoni comuni, ma molto utile. Ad esempio gli indici sono agili, istruttivi e precisi. Ho verificato quelli geografici e non mi posso lamentare. I falsi sono più veri dei veri: Rampognago, Todero con Mornago, Commiserate Ontona, Compiangete Laltro, Valmogia, Val Scarna e alla via così.

Credo anche che possa diventare un’utile traccia per chiunque voglia scrivere le proprie memorie in modo pratico ed efficiente. Un pensionato, un anziano, uno che abbia molto tempo a disposizione può agevolmente raccontare la propria vita attraverso il metodo venti pagine/note/indici. E penso a che giovamento ne trarrebbero i diari di viaggio dei dilettanti, soprattutto quelli postumi, afflitti da memoria dei luoghi approssimativa e inessenziale.

domenica 11 dicembre 2016

Mappe



Mappe

Alessandro Baricco è un generoso: scopre qualcosa e non vede l’ora di condividerla. Questa è la volta delle mappe. Ha studiato La storia del mondo in dodici mappe di Jerry Brottom e ora ci comunica i suoi pensieri, in tre articoli composti tra settembre e dicembre. Segue il mainstream  che ci sta riempiendo di mappe giorno dopo giorno, una più bella dell’altra, anche se non tutte e non sempre significative . Sono mappe che, sfruttando tutte le tecnologie a nostra disposizione, sintetizzano dati in modo ammirevole e rappresentano qualsiasi tema. Altre carte sono disegnate a mano e concretizzano idee  complesse come la città universale basata sull’uso reale dei luoghi  anziché su strade, servizi e reti infrastrutturali:  la Map of Every City di Chaz Hutton. E’ una mappa che esprime un pensiero  elaborato e raffinato, in contrasto con la grafica solo all’apparenza casuale e improvvisata.


Nel terzo e ultimo articolo sulle mappe Baricco presenta un magnifico mappamondo disegnato dall’architetto giapponese Hajime Narukawa, glorificandolo. Prima ci spiega che i mappamondi seguono il potere dominante, ecco perché sono eurocentrici. E’ convinto che Mercatore abbia vinto. Forse nei licei di Torino, non nella pratica moderna della geografia che non cessa di dibattere sulla rappresentazione della terra, e che da tempo si è rassegnata all’approssimazione dovuta all’appiattimento di una quasi/sfera.


Certo Narukawa, con la sua mappa nippocentrica, è vincente nell’espressione grafica delle distanze tra Australia e Sudamerica, ovvero nel concretizzare la vastità dell’Oceano Pacifico. Sacrifica però a questo la posizione dell’Antartide, operando una scelta gerarchica: la estrania completamente nella versione bidimensionale allontanadola dall'Australia, mentre non è chiaro se resti visibile nella versione tridimensionale. Ma nessuno ha bisogno di un mappamondo tridimensionale, esiste già e si chiama globo.
La visione verosimile di come l’acqua prevalga sulla terra, che è la forza di questa rappresentazione cartografica, viene però banalizzata da Baricco: …la realtà è composta più di vuoti (mari e ghiacci) che di pieni (la terra abitata)… Mari e ghiacci come il vuoto no, non si può leggere, soprattutto pensando alla magnifica cartografia che da secoli rappresenta i mari e i loro annessi: portolani, mappe delle batimetrie,  correnti prevalenti,  miriadi di isole che li popolano. E dov’è poi tutto questo vuoto che compone la realtà? Dare consistenza  al vuoto apparente è il lavoro dei cartografi e dei geografi, a dispetto della realtà di Baricco.