martedì 21 aprile 2015

L’amore in un clima freddo - Un inverno color noi



Nancy Mitford, L’amore in un clima freddo, Gli Adelphi, 2014, pp.280


Gli Adelphi cotti e mangiati sono merce rara. Di solito ne consumo un 25/30% poi abbandono. A meno che si tratti di indiscussi capolavori, per altro numerosi nel catalogo Adelphi, ho una forte reticenza ad affrontare le produzione media proposta da questa casa editrice. Questo è un romanzo di nobiltà inglese scritto da una nobildonna inglese anomala e spietata. Sopravvive con grazia anche al profluvio di Downton Abbey e annessi, perfino senza il supporto della servitù, che dei recenti successi legati alle grandi case inglesi è la spina dorsale. Anche qui, naturalmente, si tratta di matrimoni, balli, debutti ed eredità, ma il disincanto della narratrice rende tutto più che  sopportabile, se non addirittura divertente.


AA.VV. Un inverno color noir, Guanda, 2014, pp.336

Tipico libro da borsetta, mi ha accompagnato nelle attese e nei momenti morti per un mesetto. Di fatto mi piacciono i racconti, adatti a riempire un piccolo vuoto senza interferire troppo con altre letture più impegnative o solo più lunghe. Questi  non sono indimenticabili, infatti a distanza di qualche mese non ne ricordo neppure uno. Però, sul momento, mi hanno fatto buona compagnia.


Un delitto molto milanese - La casa di tutte le guerre - Le dodici tribù di Hattie




Kindertotenliber di Gennaio/Febbraio/Marzo


Antonio Steffenoni, Un delitto molto milanese, Rizzoli, 2014, pp.246


Letto fino a pag. 71


Di solito leggo fino in fondo i gialli ambientati a Milano, soprattutto se si svolgono in quartieri che conosco bene. In questo caso siamo a Brera, zona in cui ho studiato e lavorato per diversi anni.
Qui si tratta di  delitto in  agenzia pubblicitaria in declino. Nelle prime pagine si susseguono i personaggi, insipidi e antipatici. Anche l’ambientazione è sfocata, comprese le descrizioni di come si vestono i protagonisti, ambito in cui tutti, anche i più scarsi, di solito se la cavano. Colore locale zero, e banalità a iosa, sia  lessicali che circostanziali. Perché proseguire? In assenza di motivazioni valide, ho smesso a pag. 71.



Simonetta Tassinari, La casa di tutte le guerre, Corbaccio, 2015, pp.243


Letto fino a pag.38


Anche qui mi sono fatta attrarre dall’ambientazione, un paesino nelle colline romagnole, di solito trascurate dagli scrittori.
La storia  è l’apoteosi della nonna di buona famiglia, della grande casa di buona famiglia, dei pranzi di buona famiglia, delle vacanze in villa. Non l’ho sfangato. Le vacanze in villa per me erano sopportabili solo nei  romanzetti della Biblioteca dei miei ragazzi Salani, quando avevo  dai sei agli undici anni, abitavo a Milano in cinquanta metri quadri di ringhiera e le mie vacanze in villa si tenevano  nella Bassa Padana tra vacche, granturco, voli nel fieno e furti di prugne. Sognavo pony e maggiordomi, per poco però, poi ho capito quanto erano noiosi.


Ayana Mathis,  Le dodici tribù di HattieEinaudi, 2015, pp.290


Letto il primo racconto e metà del secondo, più qualche altro incipit qua e là

Il problema di questa raccolta di racconti è che il primo è talmente strepitoso che crea enormi aspettative. Si continua a leggere sperando che il miracolo si ripeta, ma ciò non accade. Così subentra la depressione e il desiderio di continuare si affievolisce, fino al punto da abbandonare il volume. Resta però un magnifico racconto iniziale, patetico e avvincente. Non è poco.