giovedì 2 marzo 2017

torto marcio



Alessandro Robecchi   Torto marcio  Sellerio, 2017, pp.415


Se è vero che Georges Simenon faceva nascere i suoi personaggi direttamente dall’elenco del telefono, può darsi che  Alessandro Robecchi inventi le sue storie a partire dallo stradario di Milano. Questa volta siamo in piazza Selinunte, un ex-quartiere modello (anni Trenta/Quaranta)  attualmente in degrado, pesante. Ci vorrà un po’ per mettere in relazione questa zona di Milano, fuori mappa nella storica pianta Touring del 1967, con i quartieri alti del centro. Ma alla fine tutto tornerà. Come sempre le parti rovinate, quelle delle periferie, rappresentano la forza delle storie di Robecchi. Ma anche il corredo di personaggi ricorrenti è mantenuto con gentilezza, senza esagerare con bozzetti e contorni. Dylan ha già vinto il Nobel e pertanto imperversa, ora e sempre, ma con tutte le ragioni.


un'educazione milanese



Alberto Rollo  Un’educazione milanese  manni 2016 pp.317

Non posso dire di averlo letto, mi ci sono sovrapposta in totale identificazione fino a pagina 104, come se un vicino di casa, dimenticato,   mi avesse spedito una  lettera in cui mi raccontava un  pezzo della mia vita, con precisione iperrealista. Alberto Rollo, senza retorica e senza compiacimento, non solo ha descritto la vita quotidiana di una famiglia milanese proletaria degli anni Cinquanta e Sessanta, ma ha messo in chiaro i pilastri dell’educazione che noi bambini figli di operai, tramvieri, muratori, manovali, sarte, portinaie, piccoli artigiani, ortolani, barbieri e falegnami abbiamo ricevuto e orgogliosamente rivendicato. Dopo pagina 104, negli anni della conquista dell’indipendenza,  intervengono altre scelte, altre persone, un altro stile e, come si suol dire,  le nostre strade si dividono per riaccostarsi solo in rare occasioni. O forse è il tempo che si fa più vicino e perde l’esattezza dell’età dell’oro.

giovedì 19 gennaio 2017

Il passaggio



Pietro Grossi   Il passaggio  Feltrinelli  2016  pp.152
letto fino a pag. 46


Un giovane uomo pieno di iniziative lascia Londra, dove lavora in un prestigioso studio di progettazione, per andare ad assistere il babbo, geniale fotografo, nello spostamento di una barca a vela dalla Groenlandia al Canada. Da ragazzo ha un passato tormentato. Il  suo babbo non gli piaceva più, così  presa la sua sacca da marinaio provetto, parte per Las Palmas a cercare un imbarco. Sta via tre anni passando di successo in successo, finché il suo ultimo armatore nota un lavoretto artigianale fatto da lui, ne rimane folgorato e lo manda a Londra nel prestigioso studio di cui sopra, di cui è proprietario. Sono coincidenze che accadono tutti i giorni. Da lì, richiamato da regio contrordine paterno parte per la Groenlandia dove,   in un contesto da Amaro Averna inizia l’avventura. Per loro, non per me che, già sfibrata dall’inconsistenza della trama, ho ceduto di fronte alla frase seguente: “fissai la tintura del tè che abbandonava la bustina e investiva come un foulard al vento l’acqua circostante”.  







lunedì 16 gennaio 2017

Il racconto della serva Zerlina



Hermann Broch  Il racconto della serva Zerlina  Adelphi
2016  pp.77  con una postfazione di Luigi Forte

E’ un racconto con credenziali massicce, uno degli undici che compongono il romanzo Gli incolpevoli di Hermann Broch e definito da Hannah Arendt “una delle più grandi storie d’amore che io conosca”. Si legge al volo, proprio per vedere come va a finire la vicenda, scivolando sui numerosi interrogativi che dovrebbero imporre una lettura più riflessiva e meditata. Ad esempio, come può una serva tenere le fila di una complicata storia d’amore, passione e possesso che include tre donne, di cui due dame di rango, e un amante glorioso, che altri non è se non l’ennesima incarnazione di Don Giovanni? Da quando la serva Zerlina dispone a proprio piacimento dei tempi e dei modi di incontro con il seduttore, anziché attendere speranzosa un gesto magnanimo da parte sua? E soprattutto scopriamo la versione di Broch di quanto accadde nel casinetto mozartiano/dapontiano: venti giorni di sesso stellare con Zerlina che comanda il gioco. C’è di che rimanere sconcertati, e disorientati. La rivelazione di Hermann Broch,  uomo di metà novecento, del mistero del casinetto è avanti anni luce rispetto alle convenzioni e alle idee correnti, rovesciate a vantaggio della controparte femminile che per una volta è nel ruolo di chi decide.


Il taccuino perduto



Pierre-Yves Leprince   Il taccuino perduto  Un’inchiesta di Monsieur Proust   Mondadori   2016   pp.367  
Letto fino a pag.88

Si sta scrivendo un romanzo che ha come protagonista Marcel Proust. Dev’essere per questo che si opta per una linea meticolosa, minuziosa, ripetitiva con numerose deviazioni dalla linea narrativa. Come se si volesse ottenere una dilatazione proustiana per una piccola trovata narrabile, decentemente, in una decina di pagine. Aggiungiamo uno stile pedante e sprezzante dei ritmi della narrazione, che viene abbandonata sul più bello e ripresa quando ormai ha perso ogni interesse. Nonostante il trasporto che ho per Marcel Proust e l’interesse per tutto ciò che lo riguarda, ho dovuto abbandonare a pag.88, sfiancata dall’ennesima smagliatura non rimarginata.