Federico Maria
Sardelli L’affare Vivaldi Sellerio, 2015, pp.294
A casa nostra
Sardelli sarebbe quello del Modo Antiquo. Cioè un direttore d’orchestra.
Immaginare un direttore d’orchestra capace di scrivere un romanzo andava al di
là della mia immaginazione. Qualche anno fa avevo avuto una esperienza
riprovevole con un romanzo di Hélène Grumiaux, già noiosa come pianista,
figurarsi come romanziera. Da lì questo imprinting negativo verso i
musicisti/scrittori. Come mi sbagliavo. L’affare Vivaldi è un perfetto romanzo
storico, nonché un thriller senza cadute di tensione. Ho sofferto per gran
parte del romanzo temendo il peggio per i manoscritti vivaldiani, in modo del
tutto irrazionale: a casa ho almeno cinque spanne di compact di Vivaldi, di cui
molti provenienti dal fondo Foà/Giordano, al centro della storia di cui ci
parla Sardelli. Per tutto il romanzo ho temuto di vederli sparire all’improvviso,
al punto che ogni tanto andavo a controllarli, in preda alla più assurda
irrazionalità infantile, ma anche vittima della totale immedesimazione nella
descrizione dei pericoli che il fondo vivaldiano ha corso per due secoli.
Un bonus track finale ci offre quattro
approfondimenti su Padre Pio, i salesiani,
Ezra Pound e Alfredo Casella: impagabili.